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Cancellare notizie personali da Google con la riforma Cartabia

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Ormai è frequente che si senta parlare di diritto all’oblio. Ma di cosa si tratta e cosa implica?

Da ultimo, la l. 27 settembre 2021, n. 134, con l’intento di introdurre una riforma del processo penale – c.d. Riforma Cartabia-, ha inciso sul diritto alla privacy, mediante un rafforzamento del diritto all’oblio in ambito giudiziario.

Ed invero, rileva il tema della riservatezza in relazione alla presunzione di innocenza.

Cos’è il diritto all’oblio

L’art. 17 del Regolamento (UE) 2016/679 (GDPR) definisce il diritto all’oblio come il diritto alla cancellazione dei propri dati personali. Dunque, l’articolo de quo garantisce la rimozione e la non diffusione sui siti web, motori di ricerca o altre piattaforme pubbliche o private di informazioni che possono costituire un precedente pregiudizievole dell’onore di una persona. Perché si possa richiedere la cancellazione delle informazioni personali dal web è necessario che vengano integrati determinati presupposti.

Il considerando 65 specifica, inoltre, che “[…] l’interessato dovrebbe avere il diritto di chiedere che siano cancellati e non più sottoposti a trattamento i propri dati personali che non siano più necessari per le finalità per le quali sono stati raccolti o altrimenti trattati […].”

Nell’ambito del diritto all’oblio rientra la c.d. deindicizzazione, ossia l’attività volta ad impedire che il contenuto venga trovato tramite motori di ricerca esterni, non tramite quello interno del servizio stesso.

Proprio sul punto è intervenuta la Riforma Cartabia.

Su cosa ha inciso la riforma Cartabia

La legge n. 134 del 2021 ha previsto, in maniera definitiva, il diritto alla deindicizzazione in capo agli imputati assolti o agli indagati a seguito dell’emissione di un decreto di archiviazione e di una sentenza di non luogo a procedere o di assoluzione.

Il comma 25 dell’art. 1 della L. 27 settembre 2021, n. 134, infatti, stabilisce che “il decreto di archiviazione e la sentenza di non luogo a procedere o di assoluzione costituiscano titolo per l’emissione di un provvedimento di deindicizzazione che, nel rispetto della normativa dell’Unione europea in materia di dati personali, garantisca in modo effettivo il diritto all’oblio degli indagati o imputati.”.

La modifica introdotta integra l’art. 154-ter delle disposizioni attuative del codice di procedura penale al fine di prevedere che i decreti di archiviazione, le sentenze di non luogo a procedere e le sentenze di assoluzione vengano trasmessi al Garante per la protezione dei dati personali e «costituiscano titolo per l’emissione senza indugio di un provvedimento di deindicizzazione dalla rete internet dei contenuti relativi al procedimento penale contenenti i dati personali degli indagati o imputati».

In altre parole, precedentemente alla Riforma, la procedura per ottenere il diritto all’oblio consisteva nel porre una domanda di deindicizzazione al motore di ricerca e, nel caso in cui quest’ultima fosse stata respinta, l’interessato avrebbe dovuto proporre ricorso al Garante per la protezione dei dati personali o all’autorità giudiziaria competente. La valutazione sulla concessione del diritto di cui si discute avveniva mediante il bilanciamento tra il diritto all’oblio e il diritto di cronaca.

D’ora in avanti invece, qualora un soggetto venga assolto in un procedimento giudiziario, potrà avanzare la richiesta di rimozione dei propri dati dai motori di ricerca, avvalendosi semplicemente del provvedimento del giudice.

Pertanto, è possibile dedurre che il riconoscimento del diritto alla deindicizzazione è automatico e non più assoggettato alla discrezionalità degli organi competenti.

Conclusioni

L’introduzione del diritto all’oblio mediante il riconoscimento di un obbligo di deindicizzazione delle informazioni personali dopo essere uscito indenne da un procedimento penale è quindi una novità positiva non solo per la tutela della privacy, ma per il sistema giustizia in generale.

Indubbiamente, però, restano da chiarire alcuni punti della Riforma. Invero, non appare del tutto chiaro e contestualizzato cosa intenda il legislatore riferendosi ad un “provvedimento di deindicizzazione”; resta, anche, inevasa la discussa questione della portata territoriale del diritto alla deindicizzazione.

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