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Diritto all’oblio: gli ultimi provvedimenti del Garante della Privacy

Sul tema del diritto all’oblio è chiamata ad intervenire l’Autorità Garante della Privacy.

Il Garante, infatti, è preposto proprio a tutela del trattamento dei dati personali e, di recente, viene spesso sollecitata da diversi reclami proposti da soggetti interessati a far valere il proprio diritto alla riservatezza.

Sono molti i provvedimenti assunti dall’Autorità. Tra gli altri è interessante uno dei più recenti, emesso il 7 aprile 2022.

Il diritto all’oblio e la reputazione

Il reclamo presentato al Garante, in data 3 giungo 2021, aveva ad oggetto la richiesta di rimozione dai risultati di ricerca reperibili in associazione al proprio nominativo di URL collegati ad alcuni articoli giornalistici contenenti il riferimento a presunti episodi di cattiva gestione delle risorse pubbliche da parte dell’ente presso il quale la reclamante svolgeva la propria attività e rispetto ai quali la stessa non aveva responsabilità, atteso che non vi erano procedimenti in capo alla medesima.

Invero, la reclamante lamentava la lesione alla propria reputazione sia personale che professionale avuta dalla diffusione di notizie di tal genere. Oltretutto, i fatti erano assai risalenti e la vicenda non aveva determinato alcuna responsabilità a carico dell’interessato.

Google, tuttavia, si opponeva alla richiesta della reclamante adducendo a proprio favore l’inammissibilità del reclamo. Invero, a parere del noto motore di ricerca il reclamo si fondava esclusivamente sulla tutela della reputazione, dell’onore e dell’immagine e non, invece, sulla tutela dei suoi dati personali.

Ma la reclamante sosteneva ancora che l’intento fosse quello di dimostrare “l’inadeguatezza, la non pertinenza ovvero l’eccessività del trattamento operato dal motore di ricerca in rapporto alle finalità per le quali a suo tempo i [propri] dati (…) sono stati trattati”.

Il provvedimento

L’Autorità si determinava nel senso di non ritenere “presenti informazioni riferibili all’interessata tali da ritenersi rispondenti ad un interesse pubblico prevalente sui diritti esercitati dalla medesima, tenendosi anche conto del tempo decorso”.

Invero, stando a quanto deciso dal Garante “la perdurante reperibilità in rete di tali articoli in associazione al nominativo dell’interessata risulta idonea a creare un impatto sproporzionato sulla sfera giuridica della medesima (cfr. punto 8 parte II delle Linee guida) che non appare allo stato attuale bilanciato da un interesse del pubblico a reperire le predette informazioni nell’ambito di ricerche che la riguardino”.

Pertanto, l’Autorità ingiungeva a Google la rimozione quale risultato di ricerca reperibile in associazione al nominativo dell’interessata nel termine di venti giorni dalla ricezione del provvedimento.

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