Il diritto all’oblio è un tema molto attuale. Quotidianamente conviviamo con piattaforme online (Google, Facebook, YouTube, Twitter, Amazon, Apple, Microsoft). Ed è facile, ad oggi, rinvenire notizie su chiunque e non più solo su personaggi pubblici.
Ma cosa accade se un soggetto non vuole più rendere pubblici dati personali? Si potrà richiedere la rimozione della notizia, certo. Ma non sempre le richieste vengono accolte.
Di tutto questo si è occupato il New York Times, soprattutto in relazione ai paesi europei.
Il Report del New York Times
Il contrasto è, innanzitutto, tra diritto all’oblio e diritto alla libertà di espressione.
Inoltre, si sta diffondendo la tendenza di alcune nazioni europee a pretendere che le proprie leggi vengano rispettate anche altrove.
Al momento non sono molti i paesi che avanzano tali pretese, ma i tribunali che stanno prendendo in considerazione ordini di rimozione in tutto il mondo siedono principalmente in paesi democratici e rispettosi dei diritti. Ciò vuol dire che le loro decisioni influenzeranno le decisioni di altri tribunali e legislatori nazionali in relazione al proprio potere di permettere la rimozione di contenuti a livello globale.
Alcuni esempi
Il noto giornale statunitense si è, poi occupato di richiamare alcuni casi di questo tipo.
In Canada, ad esempio, i tribunali potrebbero ancora potenzialmente modificare un’ordinanza, approvata dalla Corte Suprema della nazione lo scorso anno, che richiedeva a Google di bloccare a livello globale i risultati di ricerca per i siti Web relativi a un’azienda coinvolta in una controversia sui segreti commerciali. In particolare, un tribunale federale della California ha ritenuto l’ordine inapplicabile negli Stati Uniti. Così Google ha adito nuovamente il tribunale canadese nella speranza di un esito diverso.
Un altro caso importante è avvenuto in Austria, dove un tribunale locale ha ordinato a Facebook di rimuovere, ovunque nel mondo, un post che definiva un politico “corrotto” e “traditore”. Tale caso è, al momento, al vaglio della Corte di giustizia europea.
Conclusione
I governi di tutto il mondo sanno che mentre le piattaforme online hanno storicamente consentito il libero flusso di informazioni, non è necessario che sia così per sempre.
Il rischio è che le piattaforme siano completamente ostacolate e non abbiano più libertà di espressione. Fatto che comporterebbe la perdita della loro stessa ragion d’essere.